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Racconti - 100 colpi...
"100 colpi di spazzolino prima di andare a scalare" di FL Un racconto di oggi giorno
PARTE1
Il ragazzo chiuse finalmente gli occhi, abbandonandosi alla stanchezza ed alla curiosa angoscia che dormire in quel posto così strano gli dava. Nell’enorme atrio dell’aeroporto di Stansted, sdraiato sul materasso che per tante volte aveva assorbito le cadute dai massi del Peak District, si fece ancora un po’ coccolare dai ricordi della vacanza appena trascorsa, riflettendo sul perché, quando si viaggia, si pensa sempre che il viaggio di andata per quanto noioso faccia già parte della vacanza, mentre quello di ritorno venga escluso, per entrare a fare parte già della vita quotidiana, del “dopo”. E così, accanto a decine e decine di sconosciuti che aspettavano aerei per chissà quali destinazioni, con chissà quali storie alle spalle, o davanti, si addormentò cullato dal suono familiare di una mano che schiaffeggia la roccia, potendo quasi sentirne la grana sotto le dita.
Dopo pochissime ore di sonno, una voce si intromise nei suoi sogni scompaginati: ”excuse me sir, i have to clean” sentì dire. “what?” chiese alzandosi a sedere con gli occhi ancora chiusi. “i have to clean the floor, sir” ripeté la voce, con uno strano accento da cartone animato. Riparandosi dalla luce troppo intensa, scorse una strana figura davanti a sé, armata di un aggeggio elettrico con due rulli sul davanti: la figura indossava una tuta da lavoro grigia, ma in testa portava un turbante, che incorniciava il volto olivastro e due occhi profondi e gentili. “i’m sorry” disse, mentre a fatica si alzava e spostava lo zaino e tutta sua roba. Ripiegato il materasso, lo prese a tracolla, e trascinandosi dietro lo zaino si diresse al bar, e poi al check in. Contemporaneamente, l’uomo delle pulizie raccolse da terra un piccolo bastoncino di legno, con in cima attaccato uno spazzolino da denti. Nel manico c’era incisa la scritta “da F a P” della quale non comprese il significato, così come non lo comprese di quel bizzarro legnetto. Poi, dopo averlo guardato perplesso, prese il bastoncino e lo gettò con gentilezza nel cestino della spazzatura lì accanto. Sull’aereo, il ragazzo si addormentò pensando a come dovesse essere dura la vita di un indiano che vive in un sobborgo inglese e fa le pulizie all’aeroporto senza viaggiare mai. Chissà quanto tempo è che non vede la famiglia. Speriamo che ne abbia una.
L’indomani, a casa in Italia, il ragazzo si decise controvoglia a disfare i bagagli. Dieci giorni di arrampicata producono una enorme quantità di vestiti sporchi e bucati, così come bucate erano ormai le suole delle sue scarpette preferite, e bucati i suoi polpastrelli. Aprendo il materasso vi ritrovò dentro il tappetino sul quale si puliva le scarpette prima di scalare un masso, ma non il bastoncino di legno con lo spazzolino in cima col quale puliva dalla magnesite in eccesso le prese più alte. Inferocito, lo cercò in ogni angolo della casa, ed anche per strada, sperando che gli fosse caduto, ed alla fine capì di averlo lasciato all’aeroporto, nella fretta. Quel bastoncino di legno, al quale era affezionato, aveva spazzolato prese di calcare, granito, arenaria, grit in molte zone di arrampicata in svariati paesi. Gli era stato dato dalla sua ragazza, che lo aveva raccolto in un bosco bellissimo, e poi inciso mentre si riparava da un acquazzone estivo. Averlo perso, voleva dire avere perso un piccolo, piccolissimo, pezzetto di sé e della sua storia.
Quello che il ragazzo in Italia non potava immaginarsi, quella mattina, è questo.
Nell’ordinato schema delle pulizie dell’aeroporto di Stansted, l’indiano gentile si occupava dei pavimenti, ma non della spazzatura. Di quella, di svuotare i cestini in un carrello e poi di consegnare il carrello alla raccolta, si occupava Thomas. Anche per lui, vivere nei sobborghi e lavorare all’aeroporto era una *****. A vent’anni, però, anche un lavoro merdoso è un lavoro utile, ed anche pochi soldi sembrano abbastanza. Così, quella famosa mattina, in un cesto della spazzatura, Thomas detto Timmy trovò un pezzo di legno che sbucava fuori. Incuriosito, lo prese coi guanti, e lo guardò bene: era flessibile ma non troppo, con la corteccia ancora verdognola, e lisciata nella parte bassa. In cima, legato con del nastro da fasciature ormai consumato e sporco, c’era uno spazzolino da denti. Giusto a metà del bastoncino, lungo un po’ più di un metro, c’erano incise delle lettere, colorate a matita: “da F a P”. Dopo averlo buttato nel carrello dei rifiuti, lo prese di nuovo e lo mise nel suo armadietto, negli spogliatoi degli impiegati.
Per un paio di giorni si interrogò sull’uso che si poteva fare di quel buffo attrezzo, che sembrava inadatto a tutto: troppo corto, o troppo leggero, o troppo piccolo per delle vere pulizie - lui lo sapeva bene - era un legnetto inutile, con la semplice caratteristica di essere stato inciso e, così pareva, regalato. Di questo Timmy si era fatto l’idea, perché alle sue orecchie quelle lettere suonavano come una piccola dedica: “from F to P”.
Bastò poco, pochissimo tempo, perché la curiosità lasciasse spazio alla noia, ed i ritmi della vita di provincia spegnessero di nuovo la piccola mente del ragazzo. In Italia, un altro ragazzo ancora imprecava, temendo che il suo buon karma fosse andato perduto insieme ad un bastoncino di legno.
Due settimane dopo, il caos di Victoria Station accolse dopo molti mesi Timmy ed i suoi amici, pronti ad una serata in città, con i soldi in tasca, le camicie stirate e le scarpe pulite per entrare nei locali con dress code. Puzzavano di sobborgo da lontano un chilometro. Solo dopo alcune birre iniziarono a non fare caso agli sguardi che si sentivano addosso, non avendo neppure capito che nessuno, non un’anima viva li aveva invece degnati di un’occhiata: ma sentirsi esclusi, è una dimensione interna, che parte certe volte dall’escluso stesso e non ha legami con la realtà. All’uscita dalla discoteca, dirigendosi verso il bus che in più di un’ora li avrebbe riportati al paese, Timmy affondò la testa in una vetrina quasi spaccandone il vetro, nel vedere dietro il cristallo, in bella mostra, un bastoncino come il suo. A dire il vero non avevano molto in comune, ma l’oggetto era lo stesso, solo che questo era di plastica ed allungabile, con l’impugnatura sagomata di gomma, ed in cima aveva una specie di pinza che poteva accogliere un spazzolino, una spazzola più grande ed altre diavolerie. Aveva inoltre attaccato un cartellino, con sopra scritto “38 sterline”…
Quella notte, a casa, continuò a pensare che l’indomani avrebbe finalmente scoperto l’uso di quell’affare. (continua)
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